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DataCore, le potenzialità del Software-Defined Data Center

DataCore
pone l’accento sulle potenzialità del Software-Defined Data Center e su come
sia possibile sfruttare completamente il potenziale di questa tecnologia.

Nel
Software-Defined Data Center (SDDC) tutti gli elementi dell’infrastruttura –
come rete, capacità di calcolo, server e storage – sono virtualizzati ed
erogati come servizio. La virtualizzazione a livello di server e storage è un
componente critico del viaggio verso l’SDDC, dato che porta a una maggiore produttività
attraverso l’automazione software e l’agilità, proteggendo gli utenti dalla
sottostante complessità dell’hardware.

Oggi sono le applicazioni a guidare
l’impresa, e queste applicazioni sono esigenti, specialmente negli ambienti
virtualizzati, richiedendo allo storage prestazioni elevate per tenere il passo
con l’acquisizione dei dati e con l’imprevedibile domanda dei carichi di lavoro
aziendali. Il problema è che in un mondo che richiede tempi di risposta quasi
istantanei e accesso sempre più veloce ai dati aziendali critici, le necessità
di applicazioni aziendali di primo livello come database SQL, Oracle e SAP sono
rimaste ampiamente senza risposta. Nella maggior parte dei data center, la
causa numero uno di questi ritardi è l’infrastruttura di storage dei dati.


DataCore le potenzialità del Software Defined Data Center

Perché? Il
principale collo di bottiglia sono state le prestazioni dell’I/O. Leggete lanostra intervista a George Teixeira relativamente ai vantaggi delSoftware-Defined Storage.

Nonostante
il fatto che quasi tutti i server standard mettano già a disposizione in modo
conveniente un’ampia gamma di funzionalità multiprocessore, la maggior parte di
loro non è sfruttata, trovandosi spesso in modalità inattiva. Questo accade
perché gli attuali sistemi si basano ancora su ottimizzazioni a livello di
dispositivo legate a specifiche tecnologie a disco e flash che non dispongono
di un’intelligenza software capace di sfruttare pienamente i più potenti
sistemi server con architetture multi-core.

La
rivoluzione dei server virtuali è diventata la “killer app” che ha portato al
pieno utilizzo delle CPU e a un certo livello di funzionalità multi-core, ma il
lato negativo è che la virtualizzazione e il passaggio a un maggiore
consolidamento dei server ha creato un effetto frullatore in cui sempre più carichi
di lavoro I/O degli applicativi si sono concentrati fino al punto di dover
essere eseguiti in modo pianificato dallo stesso sistema. Tutte quelle VM e le
loro applicazioni si sono quindi infilate in un collo di bottiglia costituito
da una “cannuccia di I/O” serializzata. Mentre processori e memorie hanno visto
incrementi sostanziali nella loro velocità, questo imbuto dell’I/O continua a
limitare le prestazioni, specialmente quando si parla di applicazioni aziendali
critiche che gestiscono carichi di lavoro costituiti da database e transazioni
online.

Molti hanno
provato ad affrontare il problema prestazionale a livello di dispositivo
aggiungendo storage a stato solido (flash) per rispondere alla crescente
richiesta delle applicazioni aziendali o collegando fisicamente questi
dispositivi veloci alle macchine virtuali (VM) in sistemi iper-convergenti.
Tuttavia, il miglioramento delle prestazioni dei supporti di storage – dove si
rimpiazzano i tradizionali dischi rotanti con flash che cercano di fare le stesse
cose – affronta solamente un aspetto dello stack I/O. Collegare direttamente la
flash alle VM sembra anche in contraddizione con il concetto di
virtualizzazione, in cui la tecnologia viene elevata a un livello
software-defined al di sopra dei collegamenti cablati e al livello di
consapevolezza fisica, aggiungendo complessità e “vendor lock-in” specifici tra
i livelli dell’hypervisor e dei dispositivi.

I processori
multi-core sono all’altezza della sfida. L’elemento primario che si è perso è
il software che può trarre vantaggio dall’infrastruttura di elaborazione
multi-core/parallela. La tecnologia Parallel I/O consente di realizzare
l’elaborazione dell’I/O in modo separato dalla capacità di calcolo e in
parallelo, migliorando le prestazioni di I/O sfruttando la capacità della
virtualizzazione di disaccoppiare i miglioramenti del software dalle
innovazioni hardware. Questo metodo utilizza il software per suddividere l’I/O
parallelo tra tutti i core della CPU.

La
tecnologia Parallel I/O può pianificare in modo efficace l’I/O dei carichi di
lavoro della virtualizzazione e delle applicazioni utilizzando le piattaforme
server multi-core già disponibili. Sfruttando la potenza dei multi-core è
possibile superare il collo di bottiglia dell’I/O incrementando notevolmente la
produttività, aumentando il consolidamento dei carichi di lavoro e riducendo
l’inefficiente proliferare dei server. Questo permetterà di ottenere risparmi
molto più consistenti sui costi aumentando la produttività e portando il
consolidamento a un nuovo livello, in modo che i sistemi possano fare molto di
più con meno risorse.

Parallel I/O
è essenzialmente come una superstrada a più corsie con un sistema di “sorpasso
facilitato”. Evita il collo di bottiglia e i tempi di attesa creati dalla
presenza di un singolo casello e apre gli altri core (tutte le “corsie” in
questa analogia) per distribuire l’I/O in modo che i dati possano continuare a
fluire avanti e indietro tra l’applicazione e il supporto di storage alla
massima velocità.

L’effetto è
che più dati fluiscono attraverso la medesima infrastruttura hardware nella
stessa quantità di tempo, come avviene nei sistemi di storage proprietari. La
tradizionale infrastruttura a tre livelli costituita da server, rete e sistema
di calcolo trae quindi beneficio dall’avere sistemi di storage che rispondono
direttamente ed evadono le richieste di I/O più velocemente, potendo quindi
supportare un numero significativamente maggiore di applicazioni e carichi di
lavoro sulla stessa piattaforma. L’efficienza di un’architettura parallela a
bassa latenza è potenzialmente più critica nelle architetture iper-convergenti,
che sono un’infrastruttura in cui “tutto è condiviso”. Se lo storage software è
più efficiente nell’uso delle risorse di calcolo, questo significa che
restituirà agli altri processi che girano sulla stessa piattaforma una maggiore
quantità di potenza di calcolo disponibile.

Traendo il
massimo vantaggio dalla potenza di calcolo offerta dai server multi-core, la
tecnologia di I/O parallelo agisce come elemento abilitante di un vero
software-defined data center. Questo si deve al fatto che evita qualsiasi
collegamento fisico speciale che impedirebbe il raggiungimento dei benefici
della virtualizzazione, mentre sblocca la sottostante potenza hardware per
ottenere una notevole accelerazione delle prestazioni di I/O e storage.
Risolvendo così il problema del collo di bottiglia dell’I/O e rendendo
possibile la realizzazione dei software-defined data center.

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